Comunicazione del domicilio digitale: no per i praticanti e i praticanti abilitati al patrocinio sostitutivo
Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Arezzo chiede al Consiglio Nazionale Forense di sapere se l’obbligo di comunicazione del domicilio digitale – previsto dall’articolo 16 del d. lgs. n. 185/2008 (come modificato da ultimo dall’art. dall’articolo 37, comma 1, lettera d), numeri 1), 2) e 3) del D.L. 16 luglio 2020, n. 76) per i “professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato” – sia esteso anche ai praticanti semplici o abilitati al patrocinio sostitutivo e alle associazioni professionali.
N.d.A. Di fatto per ora il domicilio digitale è la Pec (altre modalità di domicilio digitale includono anche i Servizi elettronici di recapito certificato qualificato, Sercq, in base al regolamento Eidas, i quali però non sono ancora stati attuati dalla legge italiana). La Pec era già obbligatoria per aziende e professionisti, ma non c’erano sanzioni.
Dal punto di vista normativo, il domicilio digitale è l’indirizzo elettronico eletto presso un servizio di posta elettronica certificata o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato, come definito dal regolamento (UE) 23 luglio 2014 n. 910 del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno e che abroga la direttiva 1999/93/CE, valido ai fini delle comunicazioni elettroniche aventi valore legale [articolo 1, comma 1, lett. n-ter del CAD].
La risposta al quesito
Per la risposta al quesito soccorre, anzitutto, l’interpretazione letterale della disposizione richiamata: essa, per un verso, fa riferimento ai “professionisti” – ossia a soggetti che svolgano l’attività professionale – e, d’altra parte, all’iscrizione in “albi ed elenchi”.
Il dato letterale consente così di escludere, anzitutto, i praticanti e i praticanti abilitati al patrocinio sostitutivo: entrambe queste figure sono infatti iscritte in un “Registro”, a sottolineare che le stesse si collocano su un piano diverso rispetto al professionista avvocato iscritto nell’albo.
E infatti, da un lato il praticante non esercita attività professionale e la nuova fattispecie del patrocinio sostitutivo non configura – a differenza della previgente abilitazione al patrocinio – una forma di esercizio dell’attività professionale paragonabile a quella dell’avvocato.
Non sussiste pertanto, in questi due casi, la specifica ratio dell’obbligo di comunicazione del domicilio digitale, che è quella di mettere a disposizione delle pubbliche amministrazioni un elenco riservato dei contatti dei professionisti interessati.
Per i medesimi motivi – compatibilità con il dato letterale e sussistenza della ratio – deve invece ritenersi che siano soggette all’obbligo di comunicazione le associazioni tra professionisti. Esse, infatti, ai sensi dell’articolo 4, comma 3 della legge n. 247/12 – sono iscritte in un apposito “elenco”; e, per altro verso, costituiscono una forma di esercizio della professione (cfr. il comma 1 del medesimo art. 4).
Consiglio nazionale forense, parere n. 2 del 3 febbraio 2021